Galloni. Quando sinistra era anche la Dc
L'esponente della "sinistra di base", scomparso due giorni fa, è stato molto di più che una figura di spicco della Democrazia Cristiana. Come pochi cattolici in politica ha saputo essere un ideologo, rispettato culturalmente e talvolta bistrattato politicamente anche dai suoi amici, nonostante abbia certamente vissuto una vita politica di primissimo piano
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Le biografie di un’epoca in cui mancano non solo le ideologie ma spesso anche ideali, ci raccontano solo la sequela degli incarichi ma Galloni non fu certo una “seconda fila”. Sin da ragazzo. Giovanni Galloni, al di là delle biografie ufficiali, dell’ex ministro della pubblica istruzione (il successore della eterna Falcucci e il predecessore dell’attuale presidente della repubblica, Sergio Mattarella), è stato molto di più di una figura di spicco della Democrazia Cristiana, perché forse come pochi cattolici in politica ha saputo essere un ideologo, rispettato culturalmente e talvolta bistrattato politicamente anche dai suoi amici, nonostante abbia certamente vissuto una vita politica di primissimo piano, in cui oltre all’incarico di ministro è stato sei volte parlamentare, visegretario e vicepresidente dc e direttore de Il popolo.
In un versante di mondo – quello cattolico – troppo spesso dominato dalla retorica dei valori e dal pragmatismo incombente delle scelte quotidiane – specie dopo la vittoria del 1948 che proiettò la Dc saldamente al governo – Giovanni Galloni ha mantenuto viva una battaglia ideale e un confronto ideologico che, con scritti, discorsi ed azioni politiche ha avuto pochi eguali, forse soli Guido Bodrato, Luigi Granelli e Carlo Donat Cattin, della sua generazione.
Galloni è stato il collante e il riferimento ideologico di più di una generazione Dc, perché aveva cominciato presto a far politica, staffetta partigiana in Emilia Romagna, a Bologna dove la sua famiglia si era trasferita dalla Sicilia. Era stato, direi “naturalmente” tra i giovani che poi avevano seguito l’impegno politico di Giuseppe Dossetti, al punto di essere tra coloro presenti al secondo incontro di Rossena, nel 1951 quando il leader di minoranza della Dc annunciò l’addio alla politica e le dimissioni da vicesegretario dc e da deputato della Repubblica.
Di quel dibattito (con Dossetti stesso poco, perché egli non voleva discutere un arretramento della sua scelta e fu categorico, ma di e con altri parecchio “forte” e che si è conosciuto solo nel tempo con una certa reticenza dei protagonisti, Giovanni Galloni fu testimone certo e ne scrisse in riviste (come Iniziativa Democratica e poi più in là in Appunti, ma anche in molti libri, ultimo quello su “Dossetti Profeta”), o forse si dovrebbe dire, che lo visse sulla sua pelle, sempre, in tutti i lunghi anni della sua vita politica.
Quel dibattito verteva sulla condizione del cattolicesimo democratico nel nostro Paese e sulla ferrea presa di De Gasperi sulla Dc. Dossetti in sostanza diceva che le premesse della Resistenza per un cambio sociale nel Paese erano rimaste deluse ed i cattolici avevano grandi colpe in ciò (Nicola Pistelli anni dopo parlò di “rachitismo politico” dei cattolici italiani) e dunque nelle condizioni date De Gasperi rispondeva al massimo di progresso politico possibile per un movimento che non poteva andare oltre le sue radici. Giuseppe Dossetti, che con la sua corrente dopo lo sforzo fortissimo dei “professorini” per la nascita della Costituzione aveva contestato le modalità dell’Alleanza atlantica, aveva richiesto una riforma agraria complessiva e piani generali per il lavoro e per la casa (le “attese della povera gente” di La Pira) e cosa si ritrovava ora? Un partito baluardo contro il comunismo conservatore socialmente e che senza de Gasperi avrebbe ripiombato l’ Italia nel conservatorismo politico ante Costituzione.
Dunque, addio alla politica, almeno per lui. In attesa che il mondo cattolico evolva per cambiare poi la rappresentanza politica dei cattolici (e infatti prende i voti monacali…)
Ma per chi resta? Tra cui Giovanni Galloni e tanti altri? Dossetti elabora la teoria dei “due piani”: chi vuole faccia formazione politica per accelerare il cambio di condizione culturale dei cattolici e del Paese; chi invece vuol continuare in politica sappia che dovrà rafforzare De Gasperi, anche se non lo ama, perché è l’ unico argine al rischio di conservatorismo politico. Nel dire questo Dossetti si rivolge esplicitamente a Galloni e agli altri dei gruppi giovanili.
E da lì prende le mosse il lavoro politico interno alla Dc di Giovanni Galloni. Il quale resiste due anni ma poi a Belgirate nel 1953 con altri, tra cui Marcora su tutti, dà vita alla corrente di “sinistra di Base”, la prima corrente di sinistra dc che punta decisamente sul cambio strutturale dello Stato (riforme strutturali, riforme istituzionali, confronto politico con tutti) e non solo sul miglioramento delle condizioni sociali o di mero eco delle battaglie sindacali.
La sinistra di Base è stata la casa di Giovanni Galloni per tutta la sua vita. Una casa di famiglia, da cui ha polemizzato con Fanfani, uscito dalla corrente dossettiana convinto che solo il controllo pieno del partito portasse al controllo del governo, e in cui ha incontrato dall’inizio il brillante operaio Italsider Luigi Granelli (poi parlamentare e ministro), e gli studenti della Cattolica, Ciriaco De Mita e Riccardo Misasi, la corrente di cui è stato l’“anello romano” per Giovanni Marcora. Moro? Certo Aldo Moro era tra le amicizie più care ma il leader barese era restio al lavoro organizzato di una corrente a suo modo “scientifica” come la “sinistra di Base”.
Rimasero l’amicizia e la consonanza “dossettiana” tutta la vita, fino al momento del comune concepimento della solidarietà nazionale e della tragedia del rapimento e dell’uccisione di Moro, ma non sempre si trovarono a fare il congresso Dc assieme, perché le tattiche di Moro e dei basisti spesso divergevano, anche per i numeri oggettivamente diversi.
Giovanni Galloni fu l’ideologo di Marcora e della Base per l’apertura prima ai socialisti e poi al confronto con il Pci (qui assieme a Moro, certamente) e fu, assieme a Bodrato, colui che mise assieme tutte le anime delle sinistre dc per vincere il congresso con Zaccagnini nel 1975 e da allora il massimo esponente di un confronto istituzionale per le riforme con il Pci.
Non era certo l’ uomo delle clientele… eletto sei volte in parlamento, spesso con grande sforzo dei giovani e dei suoi amici fedeli, capolista al comune di Roma e appositamente non votato da tutte le altre correnti della riprovevole dc romana dei dorotei o degli andreottiani sia di rito Evangelisti che Sbardella. Galloni era mite ma non le mandava a dire… quando Cossiga presidente decise di improvvisarsi “picconatore” , lui nel frattempo divenuto vicepresidente del Csm, parlò di politica e di responsabilità e Cossiga-caso unico nella Repubblica – gli ritirò delle deleghe che gli furono restituite solo dal successore, Scalfaro.
È stato un docente universitario valente ma soprattutto il riferimento di chiunque volesse fare un dibattito o una sessione di formazione politica. A qualunque partito, corrente, sindacato, associazione o qualsivoglia comunità appartenesse. Per discutere partiva da ogni dove ed arrivava ogni dove. Molti lo ricordano al volante della sua Fiat 127 con cui, per la verità metteva allarme in figli ed amici cari perché dell’intellettuale aveva tutte le caratteristiche, compresa una certa leggerezza per le cose di tutti i giorni. Che, francamente lo faceva apprezzare ancor di più
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