Per un partito a “geometria variabile”
L'opposizione alla politica e alla cultura politica M5S/Lega recuperi slancio, attorno a idee-forza e su scelte programmatiche, sapendo che non ci saranno più blocchi identitari monolitici ma gruppi di consenso tra cui vanno cercate relazioni sociali.
Se le forme sono sostanza perché scandalizzarsi del contratto stretto tra M5S e Lega? E soprattutto come leggerlo, utilizzarlo e, per chi vuole, contrastarlo? Non certo recandosi nelle aule di tribunale, dove nemmeno Di Maio e Salvini, sottoscrittori del “pezzo di carta” valido solo fra privati (e a patto che non violi articoli di legge, codice civile o peggio ancora la Costituzione) si troveranno mai e lo sanno bene (basterebbe fare un’inchiesta come si deve su come sono finiti i processi intentati tra compagni di viaggio del Movimento Cinque Stelle in questi anni).
No, è la politica e per certi versi la scienza della politica e meglio ancora la filosofia della politica, che dovrebbe/potrebbe aiutarci.
Il contratto prefigura un accordo comune tra partiti nel proporzionale o nel semiproporzionale come tanti del passato, da noi come in altre nazioni. Un po’ del mio programma un po’ del tuo, un tot di concessione al popolo un tot ai media.
Il contratto prefigura un accordo comune tra partiti nel proporzionale o nel semiproporzionale come tanti del passato, da noi come in altre nazioni. Un po’ del mio programma un po’ del tuo, un tot di concessione al popolo un tot ai media.
Certo la dieta mediatica dai tempi di Malagodi e Nicolazzi o Spadolini è ovviamente cambiata e ne risente la formazione dei punti di contratto, ma non più di tanto: sulla cultura vi sono solo parole, sulla scuola e università bei principi e perfino sull’Europa una politica costruttiva di negoziato che rinnega le posizioni elettorali dell’uno e dell’altro (ma non conta, questi partiti hanno palesemente abolito il “principio di non contraddizione”).
No, non è questo il punto, che qualsiasi opposizione seria, ovvero che sappia che fare opposizione reale e nel Paese, non è essere un “couch potato” steso sul divano a sgranocchiare popcorn ma un lavoro serio, dedito, doppio di chi governa (“se i comunisti sono bravi noi dobbiamo esserlo più di loro”, cito Zaccagnini ma potrei citare in maniera inversa la pari idea di Amendola circa l’opposizione alla Dcndr) può utilizzare come leva per un “cambio” elettorale futuro.
No, il punto focale a mio avviso, interessante e con cui confrontarsi senza paura e senza ambiguità, è il carattere eversivo della democrazia che è alla base del contratto: i gazebo e l’oscura e non trasparente piattaforma Rousseau ne sono un corollario esemplificativo.
Frutto di due forze politiche in misura diversa dotate anche di potenzialità democratiche e di buona fede che hanno scelto il versante politico della scorciatoia di fronte alla complessità della politica e soprattutto della complessità politica nell’era del dominio dell’algoritmo (vedi “algoritmi di libertà” di Michele Mezza).
Alla crisi della politica ma anche dei surrogati, economia che controlla la politica, finanza che controlla l’economia, il Movimento cinque stelle e la Lega (non più Lega Nord ma movimento lepenista) hanno scelto la “rappresentazione” simbolica del cammino verso la democrazia diretta. Per questo eleggono un presidente della camera ma non se ne curano, perché il parlamento, chiuso e inattivo, in un certo senso “bivacco di manipoli” inutile e sfaccendato pour cause esemplifica gli strumenti istituzionali da superare con la scorciatoia dei gazebo e della piattaforma informatica.
Allo stesso modo in cui alla complessità della politica internazionale Trump risponde semplificando con l’ambasciata Usa a Gerusalemme e – bombardando in Siria – ignorando esplicitamente le Nazioni Unite; e Putin e la leadership cinese decidono di rispondere rafforzando autoritariamente il loro potere per cercare di controllare (e per ora sfruttare) i nuovi padroni del vapore “over the top”, Facebook e le sue sorelle che stanno divenendo padroni delle profilazioni e presto delle predizioni sui comportamenti degli esseri umani.
C’è anche tanta ingenuità in questa visione politica: proporre il voto delle poche migliaia di votanti della piattaforma Rousseau o dei gazebo a fronte dell’impossibilità di un paria indiano o della bassa padana di avere lo stesso peso di Mark Zuckerberg o di un Satrapo putiniano…
Siamo tutti per l’omnicrazia ghandiana ma fino a che non mi garantirete il voto libero e autonomo di tutti e sette i miliardi di esseri umani continuerò a pensare che dalla Rivoluzione francese ad oggi il sistema democratico di rappresentanza parlamentare sia il miglior ritrovato di scienza della politica e che ogni vertice o verifica politica deve finire in consiglio dei ministri o in parlamento fosse anche con un aspro scontro verbale o nelle piazze. Oppure che ogni scelta, anche presa nei corridoi del Palazzo di vetro, debba finire con un voto del Consiglio di sicurezza Onu.
Poi dobbiamo e possiamo discutere della riforma di queste istituzioni ma queste mi rappresentano, le altre raccontano solo della rappresentanza per poi tradirla con l’autoritarismo di uno o di pochi.
Questa sarebbe una ragione politica di netta opposizione senza ambiguità che, per avere successo e quindi tornare ad avere consenso popolare, non può essere legato alle piccinerie di un comma politico del contrattino gialloverde ma deve elevare lo scontro politico (e quindi l’opposizione democratica e popolare) alle questioni di sistema: certo l’economia e i “conti della serva” di Cottarelli che sono uno scoglio non da poco, 550 milioni di euro per coprire 110 miliardi di spesa!, ma anche il rispetto delle forme democratiche a cominciare dalla consegna all’Agcom e all’agenzia digitale dell’algoritmo e del software che controlla e gestisce la piattaforma Rousseau, per esempio.
Altro che dibattiti sulle reggenze e le presidenze di garanzia per i congressi (ma le presidenze espresse dalla maggioranza sono presidenze di garanzia? ndr)! Un’opposizione sociale e politica al “contratto” presuppone l’analisi, lo studio faticoso delle reali strutture di proprietà dei mezzi di produzione di ciò che oggi è simbolico più che reale, di quanto i beni immateriali siano più negoziati e reali degli stessi beni di consumo consegnatici dal Novecento per cui Amazon e Ilva non sono trattati allo stesso modo e con la stessa urgenza dai governi quali che ne siano il colore. E dentro a queste contraddizioni immaginando un modo diverso di essere di un partito che voglia rappresentare il futuro e le speranze dei cittadini divenuti rotelle non solo del consumismo ma anche della produzione di senso, profilata e spesso invogliata al consumo (e forse anche al voto elettorale) da chi possiede i mezzi per produrre senso, percezioni (per esempio sicurezza/insicurezza) sondaggi e scelte quotidiane.
Questo significa un partito capace di “geometria variabile”, che attorno alle idee-forza recuperi consenso sulle scelte programmatiche sapendo che non ci saranno più blocchi identitari monolitici ma gruppi di consenso tra cui vanno cercate relazioni sociali.
Certo, anche Obama come Trump ha usato la Rete, la profilazione e il marketing politico. Solo che lui ha fatto dialogare e negoziare tra loro sul programma politico i suoi possibili elettori, non ha solo rivolto loro, dall’alto al basso, una sua visione consolatoria e rassicurante ( destra e compassionevole). La differenza tra destra e sinistra che ancora esiste. Tra democrazia e partecipazione da un lato e autoritarismo e compassione dall’altro.
Il programma, negoziato, variabile, foriero di scelte sempre discutibili e riformabili, ne discende e nello stesso tempo in-forma delle modalità il processo di decisione e costituisce esso stesso identità. Un’identità sempre in fieri, non monoliticamente pre-formata.
È una partita difficile, sconosciuta negli esiti e anche imprevedibile per tutti noi ma l’unica possibile per reagire con un balzo in avanti alla rassegnazione e allo sguardo rivolto al passato.
POST SCRIPTUM
Di tutto questo (tutto verificabile, tutto sbagliato e tutto da rifare, come direbbe Bartali ma anche il mio Marx preferito, Groucho), a differenza di ciò che pensate (scherziamo!?) non si è discusso all’assemblea nazionale del Pd.
Di tutto questo (tutto verificabile, tutto sbagliato e tutto da rifare, come direbbe Bartali ma anche il mio Marx preferito, Groucho), a differenza di ciò che pensate (scherziamo!?) non si è discusso all’assemblea nazionale del Pd.
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