lunedì 6 maggio 2013




Andreotti e l' ombra di Talleyrand
(il potere logora chi non ce l' ha...)


La morte di Giulio Andreotti non è cosa da relegare ad un esercizio in punta di penna sospeso tra blog e twitter.Nè come fatto di pietà cristiana ed umana di fronte all' inconoscibile per tutti, nè tenendo conto che egli è uno degli ultimi superstiti di tutta la storia repubblicana e democratica di questo paese e ci vorranno anni per un giudizio storico,  e soprattutto  di consultazione di carte e documenti, che-a mio modesto avviso- non conterranno nulla di esplosivo ma qualcosa di molto più simile alla "aurea mediocritas" di cui Giulio Andreotti si vantava.
Voglio perciò solo dire cosa ha rappresentato soggettivamente ,per me, Giulio Andreotti,senza acrimonia ma anche senza falsa retorica.
Giulio Andreotti era un abile uomo dello Stato ma non uno statista,per me.
Era la Dc a cui non mi sarei mai iscritto ,se non ci fosse stata la Dc di Zac e dell' Anselmi e, a Roma, di Giovanni Galloni.
Non mi sono mai interessato dei suoi guai giudiziari,nè mi interessavano politicamente.
Mi bastava,per dare un giudizio politico,l' unico che mi interessava e per certi versi competeva, ricordare che i suoi quattro rappresentanti in Direzione Nazionale della Dc erano Bonsignore
( Ndrangheta in Piemonte),Salvo Lima dalla Sicilia,Vittorio Sbardella a Roma ( visto da vicino....)...il quarto..."er più pulito", era Franco Evangelisti . E questo chiudeva la mia analisi.
Spesso aggiungevo: ve l' immaginate Zaccagnini che si fa rappresentare da questi quattro?
O da Cirino Pomicino al Governo?
Ecco,per me Andreotti ha rappresentato per tutta la vita un parametro di riferimento in questo senso: come evitare l' appagamento del generone romano,provinciale e insofferente allo Stato; come evitare di avere una corrente fatta di persone che non sai mai a chi hanno prestato davvero giuramento; come evitare di essere figli di una cultura dell'eterno presente, in cui non si fa mai memoria del passato e non si fa mai credito al futuro.
Che non significa dimenticare la complessità del personaggio, l' abilità organizzativa e sistematica, il pragmatismo talvolta risolutore ( ma sempre a breve termine, il medio lungo periodo non esiste...) che lo hanno caratterizzato e che sono pure qualità dell' amministratore di Stati.
Direi che in questo senso Giulio Andreotti è stato il "tecnico" più longevo e capace della nostra storia Repubblicana:intorno e negli anni, c'era guerra di valori e di scelte, di ideologie e di posizione personale o di partito...lui proponeva una scelta al di sopra ( o al di sotto ...) delle parti, scevra da passioni,calmante, anestetica.... con battute che-da romano,lo riconosco-sono tipiche del nostro spirito nero e secolare, e che sono passate alla storia anche quando non facevano che confermare proverbi e motti di un passato ultra-bimillenario.
Qualche anno fa rimasi stregato da un film di Edouard Molinaro, "le souper", con due grandi attori come Brasseur e Rich, che era tratta da un testo teatrale di Brisville sulla notte in cui Fouchè  e Talleyrand dopo aver tradito il re, servito la Rivoluzione  e poi Napoleone a due riprese, decidono assieme di passare di nuovo ai Borbone....grande testo sulla politica e sull'uomo e anche il luogo dove ritrovai la battuta sul "potere che logora chi non ce l' ha",ovviamente detta da Tayllerand ( e il testo di Brisville è storicamente fondato....).
Ecco da allora ho capito che Giulio Andreotti non ha mai tradito il suo riferimento ( più o meno esplicito) che, "à la rigueur",  non è Alcide de Gasperi bensì il conte Talleyrand -Perigord.



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